*Intervista del 17 aprile 2024
Ho il piacere di presentarvi la mia intervista a Petteri Pennanen, attuale Capitano del KuPS!
Il suo è un percorso incredibile. Ha girato il mondo, conosciuto realtà calcistiche totalmente diverse e portato il club della sua Kuopio, ai livelli più alti che abbia toccato nel nuovo millennio. Lo ringrazio per la lunga chiacchierata, per la disponibilità e per i suoi modi di fare che ho apprezzato tantissimo. Buona lettura!
ICN: Ciao Petteri! Sei nato a Kuopio e cresciuto nel KuPS. Che ricordi hai del tuo periodo nelle giovanili?
PP: Ciao! Ho iniziato a giocare nelle giovanili del KuPS a 7 anni. Mi manca tantissimo quel periodo. La prima cosa – che considero anche la più importante – è che in quel periodo si sono create tante amicizie per la vita. Il momento più bello è stato sicuramente quando ho vinto il campionato finlandese U17, insieme agli amici di sempre. Quelli con cui giocavo da tanti anni!
ICN: Secondo te, qual è la priorità degli allenatori nei settori giovanili finlandesi? Vincere a tutti i costi o allenare i ragazzi solamente con lo scopo di farli migliorare? Qual è la situazione globale del movimento giovanili?
PP: La mia opinione è chiara. Nello sviluppo dei giocatori, l’attenzione dovrebbe sempre essere focalizzata sui singoli individui, piuttosto che sui risultati della squadra. Quando giocavo nelle giovanili non c’erano allenatori con contratti “full time” ma ad esempio, adesso al KuPS abbiamo allenatori con contratti a tempo pieno e perfettamente formati. Questo per ogni fascia d’età. Sono sicuro che vedremo risultati positivi in futuro. Penso che il livello generale stia migliorando e che stiamo andando nella direzione giusta. Se ci fai caso, negli ultimi anni ci sono giocatori giovani e talentuosi che integrano la Veikkausliiga o che vengono venduti all’estero. La federazione finlandese ha stanziato cifre e risorse importanti per permettere agli allenatori di fare corsi ed essere pronti sin dalle giovanili.
ICN: Hai debuttato in prima squadra molto giovane. Avevi 16 anni e giocavi in seconda divisione con il KuPS. Il tuo talento e le tue prestazioni, ti hanno portato a firmare con il Twente. Quello era un momento in cui il Twente si trovava ai vertici del calcio olandese. Cosa ti ha insegnato quella esperienza a livello professionale e personale? Conosco poco di quel periodo della tua carriera e mi piacerebbe saperne di più!
PP: Ho firmato con il Twente solo un paio di mesi dopo aver compiuto 18 anni, nel gennaio del 2009. Avevo avuto la possibilità di firmare con loro già da prima ma non mi sembrava il momento giusto. I due anni passati al Twente mi hanno messo alla prova in tanti modi. Prima volta che andavo via di casa e lo facevo addirittura in un altro Paese. Il mio inglese non era neanche buono all’epoca. I primi sei mesi sono stati piuttosto difficili e non mi sono piaciuti molto. Dopo le vacanze estive, quando sono tornato, tutto è cambiato e ho vissuto un’ottima stagione con la seconda squadra. Anche fuori dal campo iniziava ad andare molto meglio. Negli ultimi mesi della stagione ho iniziato ad allenarmi con la prima squadra e prima delle vacanze estive mi hanno annunciato che avrei fatto la preparazione precampionato con la prima squadra. Ho fatto l’intero precampionato con loro, segnato qualche gol e mi hanno pure inserito nella lista per la Champions League. Quello era un grande momento per me, pensavo di essere ormai vicino. Nonostante questo però, il Twente comprò un paio di nuovi giocatori nel mio stesso ruolo ed in qualche modo ho perso fiducia e mollato. Mentalmente ero ancora un bambino, non avevo ancora la freddezza del calciatore professionista. Solo dopo anni ho capito perché non sono riuscito ad impormi. Oltretutto in quel periodo il Twente era la migliore squadra olandese quindi non era per niente facile. A livello professionale era davvero un ottimo posto in cui trovarsi. Il livello di allenatori e giocatori era molto alto quindi mi hanno portato a svilupparmi come calciatore.
ICN: Dopo questa esperienza, torni in Finlandia e scegli il TPS. A Turku vediamo il “vero” Pennanen. Anni ad alto livello, vinci la Liigacup contro l’HJK di Pohjanpalo e giochi anche partite in Europa. Che ricordi hai di quelle stagioni? Quanto sono state importanti per la tua carriera?
PP: Il mio periodo a Turku è stato positivo e mi sono divertito tanto. Dopo il Twente avevo bisogno di uscire dal calcio giovanile e il TPS mi ha immediatamente offerto un ruolo molto importante nella squadra. In più il nostro coach Marko Rajamäki mi motivava molto e si concentrava su tanti piccoli dettagli del mio gioco che mi hanno permesso di migliorare tantissimo. Come squadra si, abbiamo vinto la Coppa di Lega e siamo arrivati terzi nel 2012.
ICN: Dopo l’esperienza al TPS, sei andato al RoPS, per poi tornare al KuPS. Ad un certo punto decidi di lasciare la Finlandia per andare in Polonia al Miedz Legnica. Com’è stato giocare in Polonia? Che differenze hai trovato tra la Veikkausliiga e la seconda divisione polacca?
PP: La seconda divisione polacca era un campionato fisicamente molto duro. Il livello tecnico di alcuni club non era molto alto ma tutte le squadre erano capaci di correre e lottare in maniera dura per tutti i 90 minuti. Il nostro obiettivo era la promozione in Ekstraklasa ma purtroppo l’abbiamo solo sfiorato. L’esperienza è finita con un po’ di delusione.
ICN: Dalla Polonia sei tornato in Finlandia, pronto a scrivere pagine importantissime nella storia della massima serie. Immagino che il 2019 sia un anno che porti nel cuore, calcisticamente parlando. Dopo aver esordito anni prima con il KuPS in seconda divisione, li aiuti con grandi prestazioni a vincere il campionato dopo più di 40 anni! Ci puoi raccontare qualcosa di quella stagione? Che emozioni hai provato? Quando hai capito che avreste potuto vincere il titolo?
PP: Vincere il campionato con il club della tua città natale essendone il capitano, è qualcosa che non avrei potuto immaginare neanche da bambino, anche perché il KuPS non aveva successo in quel periodo. Quell’anno avevamo una buonissima squadra ma l’inizio è stato difficile. Verso metà stagione qualcosa è cambiato e ci siamo resi conto che nessuno avrebbe potuto fermarci. La sensazione sembrava irreale, entravamo in campo con la consapevolezza che avremmo già vinto. Questo è stato sicuramente il momento più bello della mia carriera, i festeggiamenti furono epici e moooolto lunghi (ride, ndr).
ICN: Il Covid ha avuto un impatto sulla tua carriera. Dopo aver vinto il campionato, vai a giocare in Indonesia per il Persikabo 1973. Disputi tre partite ma poi scatta l’allarme sanità su scala mondiale. Possiamo considerarlo un rimpianto della tua carriera? Avresti voluto continuare per molto tempo? Che ricordi hai dell’Indonesia?
PP: Dopo il successo del 2019, ho sentito di aver bisogno di qualcosa di nuovo e sono partito in Indonesia. Per me è stato davvero un grande peccato aver potuto vivere quell’esperienza soltanto per tre mesi e mezzo, prima della sospensione del campionato. Stavo iniziando ad abituarmi e la mia famiglia è rimasta con me solo per un mese. La fine prematura di quella esperienza è stata per certi versi dolorosa e questo sentimento è durato molto tempo.
ICN: In un momento del genere, immagino che tornare a casa e stare con la tua famiglia fosse davvero molto importante. In questo tuo ritorno al KuPS avete sfiorato la qualificazione ai gironi di Europa League. Puoi raccontarmi qualcosa di quella esperienza? Com’è stato giocare partite così importanti, in un’atmosfera surreale come quella vissuta nel periodo legato al Covid?
PP: Abbiamo battuto Slovan Bratislava e Suduva con gli spalti vuoti. Ricordo che fu stranissimo giocare partite così importanti senza nessuno che ci guardasse. Per fortuna i nostri tifosi stavano tifando fuori dallo stadio quindi dopo le partite abbiamo avuto la possibilità di festeggiare con loro. Ci mancava una sola partita per accedere alla fase a gironi dell’Europa League. Ultima partita in Romania contro il Cluj. Ricorderò sempre che le condizioni meteorologiche e del manto erboso erano davvero pessime. Alla fine abbiamo perso 3-1. Il Cluj ha gestito queste difficoltà legate al clima molto meglio di noi e hanno meritato la vittoria. Sono convinto che in una situazione normale o in un classico scontro andata/ritorno, avremmo potuto batterli e fare la storia. Parlando di Covid, durante quelle settimane abbiamo dovuto fare dei test antigenici ogni giorno perché l’UEFA aveva un protocollo severissimo.
ICN: Finalmente la situazione sanitaria migliora e puoi vivere un’altra esperienza all’estero. Decidi di andare in USL e firmi per il Sacramento FC. Cosa ha l’USL meglio della Veikkausliiga e viceversa? Non parlo solo di calcio giocato ma anche del contesto. Ti è piaciuto vivere negli Stati Uniti?
PP: Di estremamente diverso c’è sicuramente il modo di vivere la partita. Per loro poco importa lo sport o il livello, devono rendere sempre tutto uno show. In un certo senso era divertente. Ho davvero apprezzato quella stagione anche per la vita fuori dal terreno di gioco. Sacramento è stato probabilmente il più bel posto in cui abbia mai vissuto fuori dalla Finlandia, anche la mia famiglia ha apprezzato.
ICN: Scegli di tornare ancora in Finlandia ma firmi con l’Ilves Tampere. Quella scelta mi sorprese tantissimo, mi aspettavo un altro ritorno al KuPS. Eri senza dubbio il centrocampista più forte del campionato e ci sono addirittura tre premi individuali che possono testimoniarlo. Perché questa scelta di carriera? Il periodo vissuto con l’Ilves è stato positivo?
PP: Negli Stati Uniti sono stato piuttosto sfortunato con gli infortuni e quindi ho pensato che tornare in Finlandia fosse la scelta migliore. Mi volevano quattro squadre finlandesi e anch’io avevo pensato di tornare al KuPS ma poi il trasferimento non si è fatto. Conosci le dinamiche di mercato… e non sono stato io a rifiutare il KuPS. La vita a volte è cosi. A quel punto ho deciso di firmare con l’Ilves, che sembrava avesse un progetto di crescita ambizioso. In quel periodo giocavo davvero bene, solo gli infortuni potevano impedirmi di scendere in campo. Come squadra purtroppo non stavamo andando come avremmo dovuto ed era molto frustrante per me perché considerato il mio livello di quel periodo, sentivo di poter competere per obiettivi più importanti. Se ci penso adesso, quell’esperienza è stata positiva per la vita fatta a Tampere e perché nel club c’erano tante brave persone.
ICN: Seguendo la tua carriera, si capisce che sei un uomo di grande personalità e ampie vedute. Ad un certo punto arriva un trasferimento. Lasci l’Ilves per andare a giocare in India con l’Hyderabad FC. Non riesco ad immaginare un Paese più diverso dalla Finlandia. Capisco perché hai lasciato l’Ilves e sono curioso di sapere a livello personale che esperienza sia stata per te vivere in India. Hai avuto uno shock culturale? Che ricordi hai? Prima di andare parlasti con Joni Kauko?
PP: In estate il mio agente mi disse che un club indiano era interessato a me. Tantissimi anni prima avevo già avuto contatti con club indiani e mi sembrava un’opzione interessante. Ovviamente è un Paese davvero molto diverso rispetto alla Finlandia. Quando sono arrivato lì, il nostro stile vita da calciatori era abbastanza buono. Non ho avuto uno shock culturale, ero già pronto a tutto. Ho avuto bisogno di più tempo per ambientarmi nel mio breve periodo in Indonesia. Eh si, hai ragione, ho parlato diverse volte con Joni Kauko prima di accettare l’India, per capire come si trovasse. Le sue risposte mi hanno convinto ad accettare facilmente questa sfida. Sono rimasto solo sei mesi, non ho grandi ricordi calcistici ma almeno un giorno potrò dire di aver giocato in quel campionato e visitato grandi città comme New Dehli e Mumbai.
ICN: Adesso sei tornato al KuPS. Purtroppo avete perso la finale di Coppa di Lega ai rigori ma sei stato subito decisivo in campionato contro l’HJK, i vostri grandi rivali. Cosa rappresenta per te il KuPS?
PP: È difficile descrivere esattamente cosa sia il KuPS per me. Sin da quando ero bambino è sempre stato una parte di me. Sono partito dalle giovanili alla prima squadra, per poi vincere il campionato da capitano, è un cammino davvero difficile anche solo da sognare. Il KuPS per me rappresenta (sorride, ndr), rappresenta (si ripete, ndr) in una sola parola: CASA. Questo vale sia dentro che fuori dal campo.
ICN: Al KuPS come abbiamo già detto, sei il capitano. Ho avuto il piacere di parlare con un altro leggendario capitano del calcio finlandese come Tim Sparv e mi ha fatto capire chiaramente l’importanza di questo ruolo. Come vivi questa responsabilità? Come cambia il tuo modo di approcciare la partita? Ti ha reso più attento alla crescita dei giovani presenti nel tuo club?
PP: Secondo me anche se diventi capitano, nulla può cambiare la persona ed il giocatore che sei già. Se provi a darti un tono semplicemente perché hai la fascia, non funzionerà. Essere capitano è sicuramente un onore ma credo che sia qualcosa che succede naturalmente. Ho sempre avuto questa attitudine, anche da bambino non mi sono mai tirato indietro e mi sono sempre preso le mie responsabilità in campo per la squadra. Crescendo ho poi imparato a prenderle anche fuori dal contesto della partita, per proteggere la mia squadra. Avere la fascia non ha cambiato nulla al mio modo di essere, ho sempre approcciato il calcio essendo onesto e professionale. Ho sempre dato importanza alla crescita dei giovani talenti e a prescindere dal ruolo di capitano, non ho mai esitato a dare consigli per aiutarli.
ICN: Un altro capitolo della tua carriera è stata la Nazionale. Hai giocato diverse partite con le Selezioni giovanili e hai anche debuttato in Nazionale maggiore. Cosa ha rappresentato per te vestire quella maglia?
PP: Rappresentare il proprio Paese è chiaramente una bella cosa ma non ho nessun ricordo o emozione speciale riguardanti quelle esperienze. Speravo e sono convinto che avrei meritato più occasioni per mettermi in mostra ma la vita ed il calcio sono così. Non ho rimpianti o sentimenti negativi a riguardo, sono comunque contento e fiero di aver rappresentato il mio Paese in quelle poche occasioni.
ICN: Avevi un idolo calcistico da bambino? Ti ispiravi a lui?
PP: Il mio idolo calcistico era Ronaldo, il brasiliano. C’erano anche altri giocatori che mi piacevano ma lui era quello che seguivo di più.
ICN: Seguivi il calcio italiano? Simpatizzavi per qualche squadra? Potresti dirmi un calciatore italiano che apprezzavi?
PP: Si, seguo la Serie A. Non ho mai avuto un club preferito in Italia ma quando Mourinho è andato alla Roma, ho iniziato a seguire molto la Roma. Apprezzo questo allenatore e spero sempre che faccia bene. Il mio giocatore italiano preferito è Totti. Se devo dirne un altro, direi sicuramente Del Piero.
ICN: Stai facendo una grande carriera. Hai ancora un sogno calcistico da realizzare?
PP: Non so quanti anni di carriera mi restino. I miei obiettivi sono godermi questo sport e vincere trofei con il KuPS. Nella mia mente c’è questo, è molto semplice. Vorrei davvero giocare ancora per tanti anni ma non ho voglia di fare nessun tipo di previsione per il futuro. In questo sport non sai mai cosa ti riserva una stagione quindi vedremo cosa accadrà!
Finisce questo viaggio attraverso le esperienze calcistiche del grande Petteri Pennanen ma la sua carriera ha ancora tanto da regalarci. Il KuPS ed i suoi tifosi possono essere fieri di avere un capitano davvero leggendario per il contesto finlandese!

