Esclusiva ICN: Intervista a Birkir Bjarnason

Non me ne voglia nessuno ma questo è il punto più alto toccato dal progetto “Il Calcio Nordico” e lo sarà a prescindere da quello che accadrà in futuro. Intervistare Birkir Bjarnason chiude in qualche modo un cerchio perfetto. L’ispirazione per creare la pagina Facebook, poi quella Instagram, questo Sito e tutte le esperienze fatte negli anni tra Italia e Nord Europa in conseguenza, sono partite da una passione preesistente certo, ma anche e soprattutto dal mito creato attorno a Bjarnason. Si dice sempre che sarebbe meglio non incontrare i propri idoli perché si rischia di rimanere delusi ma parlandoci ho avuto la fortuna di trovare una persona di una gentilezza ed una disponibilità infinite. Adesso basta premesse e godetevi l’intervista!

P.S. Non aspettatevi nulla di formale, è stata davvero una chiacchierata tra due persone con un atteggiamento positivo e la stessa maniera di vivere lo sport.

 

ICN: Ciao Birkir, l’altro giorno mi hai detto che conoscevi già la pagina, come l’hai scoperta?

BB: Ciao, l’ho vista su Facebook o forse me l’hanno fatta vedere i miei amici di Pescara.

ICN: Ah ok! E che ne pensi?

BB: Beh, è bella. Molto bella!

ICN: Grazie mille! Ti ricordi il momento in cui hai iniziato a giocare a Calcio? Era già la tua più grande passione?

BB: Avevo 4/5 anni, in Islanda è molto serio il Calcio giovanile, a 5/6 anni facciamo già cinque allenamenti a settimana con allenatori abilitati con il patentino, non genitori o gente non competente.

ICN: Capisco. Anche perché in Islanda avete investito tanto sulla formazione degli allenatori quindi si nota le vostra serietà da quel punto di vista. Secondo te c’è una differenza tra iniziare a giocare a Calcio ad Akureyri o farlo a Reykjavík? Non so, magari per strutture o altre ragioni.

BB:  No, secondo me è uguale.

ICN: Mentre giocavi a Calcio praticavi anche altri sport?

BB: Si, ad un certo punto ho giocato anche a Pallamano per 2 anni circa. In Islanda è uno sport importante, abbiamo sempre avuto una buona squadra nazionale.

ICN: Quando hai lasciato l’Islanda per andare in Norvegia eri minorenne. Che ricordi hai di quel momento della tua vita? Ti sentivi pronto ad affrontarlo?

BB: Si, avevo 11 anni. Io e la mia famiglia abbiamo lasciato l’Islanda per la Norvegia per il lavoro dei miei genitori. Mi sono trovato molto bene in Norvegia, è un Paese molto bello. Hanno buone strutture e tanto altro.

ICN: Con il Viking hai mostrato le tue qualità e poi ci sei tornato anche ultimamente. Secondo te è stata una tappa fondamentale della tua carriera? Per te è stato emozionante esordire tra i professionisti?

BB: Si, però lo consideravo uno step normale di passare dalle giovanili alla prima squadra. Ero già pronto, già a 13/14 anni mi allenavo con gli adulti in una squadra di quarta divisione norvegese. Poi a 15 ho iniziato a giocare li ma solo perché non potevo farlo prima, ci sono delle regole nel campionato che lo impediscono. Poi sono arrivato al Viking. Dopo poco mi hanno mandato in prestito per fare esperienza.

ICN: Il prestito al Bodø/Glimt.

BB: Esatto, sono andato al Bodø/Glimt in Eliteserien. L’esperienza è andata molto bene, sono tornato più maturo e più forte.

ICN: Che differenze hai trovato tra il Nord della Norvegia ed il resto del Paese?

BB: Bodø è un posto molto molto piccolo, dove non c’è tanto da fare ma è un posto dove la natura è bellissima. Potevo concentrarmi tanto sul Calcio ed ho avuto un allenatore molto bravo come Kare Ingebrigtsen.

ICN: A quei tempi il Bodø/Glimt non era quello di oggi. Adesso come ben sai vincono campionati, fanno bella figura in Europa. Te lo saresti mai immaginato in quel periodo? A livello di organizzazione come erano strutturati?

BB: Quando sono andato io erano appena stati promossi dalla Serie B norvegese. Siamo arrivati addirittura 4° e si lavorava benissimo. Adesso per me sono i più forti di tutta la Scandinavia. Onestamente a quei tempi non me lo sarei immaginato.

ICN: Dopo queste esperienze norvegesi, lasci il Nord Europa e ti trasferisci in Belgio allo Standard Liegi. Hai avvertito qualche differenza, anche solo a livello culturale?

BB: No, non era poi cosi diverso. Avevo tanta voglia di fare questo passo ed andare a giocare fuori dal Nord Europa. Volevo migliorarmi e ho trovato una società bellissima. Le strutture d’allenamento, lo stadio, tutto molto bello. Avevamo anche una squadra forte.

ICN: Finita questa esperienza, sei arrivato in Italia, precisamente a Pescara in Serie A. Com’è stato l’impatto con l’Italia e soprattutto con l’italiano? Ricordo qualche difficoltà all’inizio, anche solo per capire le indicazioni dell’allenatore durante la partita.

BB: Si (sorride, ndr), è stato molto difficile per i primi due anni, sia a Pescara che a Genova con la Sampdoria. Poi ho avuto gli amici a Pescara che parlavano pochissimo inglese, allora ero costretto ad imparare l’italiano, è andata cosi!

ICN: Beh certo, è una lingua difficile. Come se io dovessi imparare l’islandese. Non esattamente qualcosa di semplice.

BB: Eh si si forse (sorride, ndr).

ICN: In quei casi, quando non capisci cosa ti chiede l’allenatore, come ti comporti? Ti affidi al tuo istinto?

BB: No, avevamo degli interpreti a Pescara il primo anno. Alla fine il linguaggio calcistico è globale, non è troppo difficile da capire. Devi imparare soprattutto delle parole chiave e poi ti rendi conto di tutto.

ICN: Pescara è stata sicuramente una delle esperienze più belle della tua carriera. Sei ancora un idolo per i tifosi, te lo posso confermare anche perché vedo le loro reazioni quando scrivo il tuo nome in pagina.

BB: Eh si, è stato un momento molto bello della mia carriera.

ICN: Ricordi quel periodo in cui eravate ai Playoff per salire in Serie A, ti chiama la Nazionale, tu devi andare in Nazionale saltando quindi il momento più importante della stagione e tutti i pescaresi cominciano a scrivere sotto la pagina della federazione qualsiasi cosa per cercare di riportarti indietro. Anche l’hashtag #freebirkir. Come hai vissuto quella situazione?

BB: Quell’anno ero tornato dalla Sampdoria, andando in Serie B. Avevo bisogno di fare un passo indietro a livello di categoria perché volevo fare un anno forte, mi serviva. Abbiamo giocato un grande campionato, non meritavamo di perdere quel Playoff però è andata cosi. Per Facebook invece, ho visto che la federazione ha dovuto bloccare tutto per fermare i commenti. L’ho vissuta dicendomi che mi vogliono bene.

ICN: Del periodo alla Sampdoria cosa ricordi invece?

BB: Mi è servito un po’. Prima che arrivasse Mihajlović stavo giocando tanto, poi è arrivato lui e non avevo più tante opportunità. Non è stato lui a portarmi li e quella seconda parte di stagione non è stata un bel periodo per me.

ICN: Dopo l’esperienza al Pescara, hai vissuto uno dei periodi più importanti della tua carriera, ovvero il Basilea. Eri fortissimo, hai vinto dei trofei e giocato in Champions League. Come ti sentivi in quel periodo della tua vita?

BB: Era un periodo come dici tu molto forte per me personalmente. Sono passato ad un livello superiore. Vincere trofei, giocare la Champions League in quella società e con quella squadra, era proprio bellissimo.

ICN: Dalla Svizzera, vai in Inghilterra in un club molto importante come l’Aston Villa. Anche se c’è da dire che non fosse un periodo facile per i Villans.

BB: Si, è una società fantastica con uno stadio e dei tifosi fantastici. Avevamo una squadra molto forte però come dici tu era un periodo difficile per la società. Abbiamo fatto i Playoff due volte ma alla fine abbiamo riportato il club in Premier League!

ICN: In quel momento della tua carriera avevi fatto le giovanili in Islanda, giocato in Norvegia, Belgio e Italia. Che differenze hai notato andando in Inghilterra?

BB: In Inghilterra gli stadi sono sempre pieni, l’atmosfera è bellissima. Sei davvero nella casa del Calcio. Per me è stata un’esperienza molto bella anche perché ero in un club davvero importante. Anche sui social network, facevano di tutto per avvicinare i tifosi alla squadra con iniziative e video.

ICN: Questa è una domanda che devo farti. Durante il periodo all’Aston Villa, avevi fatto crescere una barba molto lunga. Perché hai smesso di farlo?

BB: (sorride, ndr). Era legata ad un infortunio di diversi mesi. Appena è successo ho lasciato crescere la barba, poi sono tornato ed ho deciso di tagliarla.

ICN: Come hai vissuto il periodo dell’infortunio? Che impatto ha avuto a livello psicologico?

BB: Era un po’ difficile perché sono arrivato a gennaio e mi sono fatto male verso febbraio/marzo. Era difficile perché ero appena arrivato ed è stato l’infortunio più lungo che ho avuto in carriera. Poi sono tornato con la Nazionale a giugno e sono stato bene.

ICN: Cronologicamente adesso ci sarebbe il Brescia ma ne parliamo dopo. Volevo chiederti della Turchia, un Paese culturalmente diverso da quelli che avevi vissuto sino a quel momento, nonostante la breve esperienza in Qatar. Com’è stato vivere in Turchia?

BB: Era molto diverso rispetto all’Italia ad esempio. Eravamo a Sud-Est della Turchia, qualcosa come un’ora e mezza di volo da Istanbul. Era lontano, era difficile fuori dal campo. Non c’era quasi niente da fare però in campo ho fatto molto bene. Dopo un po’ che sono arrivato, è arrivato anche Montella e giocavamo sempre per i primi posti fino alle ultime giornate. Bella esperienza.

ICN: Adesso è arrivato il momento di parlare del Brescia. Hai fatto bene prima e stai facendo bene anche adesso. Da noi si dice che si torna sempre dove si è stati bene. Cosa rappresenta per te Brescia sia come città che come squadra?

BB: La città mi piace tantissimo, anche il fatto di essere in un’ottima posizione qui al Nord, vicino a tanti posti. Con squadra e società mi sono sempre trovato bene, è stato molto bello tornare.

ICN: Sei un giocatore simbolo per questa squadra, un veterano. Hai tanta esperienze e quindi sei abituato ma cosa significa per te essere cosi importante per il Brescia?

BB: Io do sempre il massimo per la squadra, non penso di essere il più importante o altro. Dobbiamo essere forti tutti insieme e solo cosi possiamo fare grandi cose.

ICN: Adesso direi di passare ad un enorme capitolo della tua carriera. Un capitolo che ti ha permesso di entrare ancora più nel cuore degli italiani. Sto ovviamente parlando della Nazionale islandese. Sei il calciatore con più presenze nella storia della selezione, sei stato Capitano. Cosa significa per te come persona tutto il percorso fatto con l’Islanda. Te lo saresti immaginato quando tiravi i primi calci ad un pallone da bambino?

BB: Immaginare non lo so ma è sempre stato il mio sogno giocare per la Nazionale. Per me è sempre stato importantissimo anche il fatto di realizzare grandi cose. Abbiamo perso il playoff per il Mondiale 2014, fatto l’Europeo 2016, fatto il Mondiale 2018, perso il playoff per l’Europeo 2020 all’ultimo minuto, che peccato… Tutto quello che abbiamo fatto è speciale.

ICN: Questa è una domanda a cui puoi anche non rispondere. In questo momento sei tu ad esserti ritirato dalla Nazionale o semplicemente non sta arrivando la convocazione?

BB: Avevo iniziato con questo gruppo ma poi mi sono fatto male. Ora penso che hanno preferito guardare ai giovani ma poi vediamo.

ICN: Hai già citato tanti momenti importanti ma citerei anche l’Europeo U21 disputato nel 2011. Anche quella è storia. Che ricordo hai di quella manifestazione? Con la Danimarca ad esempio, sei stato il migliore in campo.

BB: Se ci pensi è da quel gruppo che è nato tutto. Dopo l’Europeo U21 siamo andati tutti in Nazionale maggiore, penso che questo sia stato fondamentale per quello che abbiamo costruito dopo. Eravamo tanti giocatori forti in quel periodo, questo viaggio è iniziato davvero da ragazzini. Abbiamo fatto le giovanili insieme dall’U17.

ICN: Quando facevi parte di quel gruppo di ragazzini, sentivi che potevate fare la storia?

BB: Si, penso che tutti credevamo al fatto di poter fare grandi cose.

ICN: La vostra avventura ad Euro 2016 è stata una belle più belle storie calcistiche a cui abbia mai assistito nella mia vita, sono anche venuto a sostenervi nel vostro ritiro di Annecy. Mi sono sempre chiesto, come ti sentivi prima di scendere in campo contro il Portogallo? Eri nervoso? Hai addirittura segnato un gol importantissimo, considerando che è stato il primo della storia della Nazionale in una delle massime competizioni.

BB: Quel periodo è stato bellissimo, il fatto di essere un Paese cosi piccolo e andare avanti in una competizione cosi grande, è straordinario.  No, non ero nervoso anzi non vedevo l’ora di giocare. Sapevamo di essere forti e sapevamo di poter fare risultato. Quando ho segnato il gol è stato molto emozionante anche perché la mia famiglia era allo stadio.

ICN: Che poi… passare il girone è stato un grande risultato ma arrivare ad eliminare addirittura l’Inghilterra subito dopo è stato epico. Potevamo vedervi piangere, inginocchiarvi, urlare. In quel momento vi siete resi conto di quello che stavate facendo per l’intero movimento calcistico islandese?

BB: Quella è la più grande partita della nostra storia.  Non credo che ci fosse una sola persona capace di immaginare che avremmo vinto quella partita, compresi gli islandesi.

ICN: Poi arriva la sconfitta contro la Francia, partita in cui sembravate stanchissimi.

BB: Si eravamo stanchi, abbiamo giocato tutte le partite con la stessa formazione. Giocare cosi tante partite in poco tempo è stato troppo per noi mentre loro potevano cambiare tanti giocatori.

ICN: Erano in casa, carichi dal punto di vista delle energie e molto forti. La sconfitta ci stava. Ma quando siete tornati in Islanda ed avete visto tutte quelle persone, come hai reagito? Noi guardavamo i video su YouTube ed avevamo i brividi. Figuriamoci tu che l’hai vissuto in prima persona e soprattutto avevi davanti la tua gente che ti acclamava.

BB: Non ho mai visto una cosa del genere in Islanda, è stato bellissimo. Cosi tanta gente, era quasi come se avessimo vinto noi l’Europeo (ride, ndr), c’era davvero tantissima gente, il pullman non avanzava. Davvero molto molto bello.

ICN: Dopo l’Europeo, arriva il Mondiale. Pareggio fantastico contro l’Argentina ma poi qualcosa non va ed uscite ai gironi. Secondo te la forza di quella squadra, che non era necessariamente la più forte tecnicamente ma che era difficile da affrontare per chiunque, veniva solo dal fatto che giocavate insieme da un decennio o ci sono altre ragioni?

BB: Penso che eravamo una squadra molto unita, eravamo fortissimi in difesa, dal portiere all’attaccante. Difendevamo tutti, era difficilissimo fare gol contro di noi. Avevamo anche tanta qualità, in ogni partita potevamo sempre fare gol. Non era il Tiki-Taka ma giocavamo semplice e in profondità, volevamo sempre fare gol. Sapevamo sempre di poter segnare, allora ci dicevamo che restando compatti dietro, il gol sarebbe arrivato. Sapevamo di poter ottenere i risultati.

ICN: A me quello che colpiva di quella squadra, è che ogni giocatore avesse un ruolo ben preciso. Sembra scontato ma non lo è. Penso a Böðvarsson, non esattamente un attaccante da 20 gol a stagione ma era fondamentale per ricevere le rimesse dal fondo, per fare sponda e dare poi palla a giocatore tecnicamente superiori come Gylfi o Finnbogason ad esempio. Ognuno di voi sembrava in missione, con ordini ben precisi.

BB: Si è vero, poi avevamo un allenatore fortissimo che è venuto nel 2011.

ICN: Parli di Lagerbäck?

BB: Si, Lagerbäck. Poi c’è stato Hallgrímsson ma Lagerbäck è stato fondamentale per il Calcio islandese.

ICN: Come avrai visto in pagina, mi piace alternare divertimento ad analisi calcistiche. Volevo parlare della differenza tra quella Nazionale di cui abbiamo parlato fino a questo momento e la nuova generazione. Come hai detto tu, prima eravate fisici, compatti e tecnicamente c’erano giocatori forti come te, Gylfi, Jóhann Berg Guðmundsson ecc. Adesso, complessivamente il numero di giocatori forti tecnicamente mi sembra aumentato ma gli manca tutto il resto, quella sorta di agonismo e cattiveria che vi caratterizzava. La mia idea è che questa nuova generazione sia cresciuta nelle strutture indoor mentre voi avete affrontato più difficoltà per raggiungere quel livello ed avete impostato la crescita diversamente. Che ne pensi?

BB: Può essere ma non penso neanche che siano più forti di noi tecnicamente. Non lo so, è difficile da dire. Eravamo una generazione forte sotto tanti aspetti, eravamo tanti giocatori forti arrivati contemporaneamente nello stesso momento. Per me è difficile dirti quali siano gli elementi che portano una differenza tra quei tempi e questi.

ICN: Quando dico più forti tecnicamente non mi riferisco ai top player come quelli citati prima ma più ad un impostazione generale, che porta questi ragazzi a giocare bene palla a terra, ispirarsi più al gioco europeo, lasciando un po’ da parte le vostre radici. Mi vengono in mente Haraldsson o Jóhannesson che hanno qualità evidenti ma a cui manca una certa personalità o anche solo un po’ più di decisione nelle scelte. Come se fossero dei ragazzini, mentre voi sembravate già uomini alla loro età.

BB: Eh si, forse perché abbiamo fatto una scuola un po’ differente. Ai nostri tempi c’era un determinato approccio, era una scuola difensiva, lavoravamo tantissimo sulla testa, sulla mentalità. Non posso dirti come sono cresciuti loro perché non l’ho vissuto ma forse era quello.

ICN: Analizzando te come calciatore, hai ricoperto praticamente qualsiasi ruolo del centrocampo. Hai sempre saputo fare tutto. Esterno, Mediano, Centrocampista centrale, Trequartista. Qual è il tuo ruolo preferito?

BB: Il mio ruolo preferito è Trequartista. Mi piace fare gol, aiutare gli attaccanti ma al tempo stesso mi piace anche aiutare la squadra a difendere, in quel ruolo posso fare più o meno entrambe le cose. Con la Nazionale giocavamo 4-4-2 e mi trovavo molto bene Esterno a sinistra, diciamo che questi sono i miei due ruoli preferiti.

ICN: Come sai, sono venuto a vederti nella partita contro la Cremonese. Una cosa che noto – rispetto anche a tanti altri giocatori – è che fai sempre la cosa più logica. Non cerchi la giocata spettacolare ma quella più utile. Concetto che secondo me si sta un po’ perdendo nell’era degli highlights e con questa tendenza attuale a voler essere sempre sotto i riflettori. Come se alcuni cercassero il reel da mettere su Instagram.

BB: Si, non lo so (sorride, ndr). Per il Calcio che gioco io, mi piace giocare veloce, scambiare veloce, fare quello che vedo. Forse non sono un giocatore che dribbla tre giocatori, non è il mio Calcio, mi piace giocare con gli uno-due, arrivare velocemente dentro l’area. Questo è quello che penso io, poi non posso rispondere per gli altri.

ICN: Certo. Nella tua carriera chi è il giocatore che ti ha messo più in difficoltà? Uno che ti sei ritrovato in una partita e poi hai pensato: “Questo è fortissimo”.

BB: Messi ad esempio non ha fatto una gran partita contro di noi, l’abbiamo chiuso bene. Il giocatore più forte per me è Modric. Modric a centrocampo era difficile accorciarlo, non potevi arrivargli addosso quando aveva la palla, faceva sempre quel tocco che portava via la palla da te, faceva dei tocchi di palla assurdi. Fortissimo.

ICN: Hai già citato qualche nome ma chi è l’allenatore che ha avuto il maggior impatto nella tua carriera?

BB: Per me Lagerbäck è il più importante.

ICN: Da quello che si vede sui social, hai tante passioni nella vita. Cosa ti piace fare oltre al Calcio?

BB: Sicuramente il golf è qualcosa che farò tantissimo dopo la carriera. Mi piacciono i cavalli, la mia famiglia ha più di 70 cavalli in Islanda, io ne ho uno e quando passo vado sempre a trovarli. Mi piace la natura, mi piace pescare e anche cacciare. In Islanda a Natale andiamo a caccia per procurarci il cibo che poi mangiamo a Natale. Adoro anche viaggiare.

ICN: Quando deciderai di lasciare l’Italia – spero il più tardi possibile – pensi che andrai a giocare in Islanda per chiudere la carriera?

BB: No, non penso. Non posso dirti un no definitivo ma non penso che giocherò in Islanda.

ICN: Scelta che capisco anche se credo che sia davvero un peccato per il campionato. Sarebbe bello vedere un calciatore importante come te portare un po’ di attenzione in quel torneo.

BB: Mai dire mai ma non penso.

ICN: Tu sei un esempio, sia come professionista che come persona. Non hai mai detto una parola fuori posto, sei sempre stato educato e disponibile come adesso. Cosa hai voglia di dire ai ragazzi che vogliono iniziare a giocare a Calcio ad alti livelli e che si approcciano quindi a questo mondo? Quanto sono importanti disciplina ed impegno per arrivare dove sei arrivato tu?

BB: Penso che siano importantissimi, se non hai questo in testa quando cominci, se non sei professionale e non hai voglia di lavorare, di fare il massimo, diventerà dura per qualsiasi giocatore. Il talento non basta mai, sono pochi che avanzano solo per la tecnica. La testa deve essere quella giusta.

Che dire… Ho già intervistato tanti calciatori e li ringrazio tutti ma avere la possibilità di parlare per circa un’ora con Birkir Bjarnason per me ha un valore inimmaginabile. Ci tengo a ringraziare Riccardo che ha fatto in modo di muovere il meccanismo che mi ha portato poi a chiacchierare con lui e ringrazio soprattutto Birkir per la disponibilità e la simpatia con le quali mi ha permesso di ripercorrere tutta la sua carriera. Una carriera che incredibilmente – da quando ho creato questo progetto – ha avuto un impatto anche nella mia vita, portandomi a vivere esperienze, conoscere persone, imparare una professione e tanto altro. Grazie per tutto!

La riproduzione anche parziale dell’intervista è severamente vietata in virtù delle norme vigenti sul copyright. L’articolo è proprietà esclusiva de © “Il Calcio Nordico”.

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